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Biathlon, Patrick Oberegger: “Mi auguro che Eckhoff possa crescere ancora”

Alla vigilia della quarta stagione alla guida della nazionale norvegese femminile di biathlon, abbiamo avuto il piacere di intervistare Patrick Oberegger. L’ex allenatore responsabile della squadra A azzurra e del CS Esercito, classe 1978, ha fatto una scelta di vita importante. Ha lasciato la nazionale italiana di biathlon e la sua Anterselva per lanciarsi nell’esperienza alla guida di una nazionali più rinomate nell’ambito dello sci nordico. I risultati ottenuti nell’arco delle ultime stagioni hanno riportato la Norvegia a conquistare la sfera di cristallo con Tiril Eckhoff, otto stagioni dopo il successo di Tora Berger che è ora è il riferimento per Eckhoff sul libro dei record, soprattutto in ottica Pechino 2022.

Abbiamo deciso di dividere l’intervista in due sezioni. In quella odierna approfondiremo alcuni aspetti della nazionale norvegese, nella prossima uscita invece tratteremo dei temi legati alla squadra azzurra.

Oberegger buongiorno. Partirei dalla preparazione estiva: quanto è importante per gli atleti norvegesi fare raduni in altura? Avete deciso di venire in Italia a Lavazè in due occasioni, a luglio e a ottobre. Farà la differenza verso Pechino 2022?

“Per quanto riguarda l’altura il progetto è iniziato già quattro anni fa, quando abbiamo fatto degli stage ad Anterselva in vista dei Mondiali del 2020. Ci siamo spostati a Livigno, Val Martello e infine Lavazè per poter preparare al meglio le Olimpiadi. E’ importante soprattutto per i giovani, perchè hanno bisogno di un po’ più di tempo per ambientarsi all’altitudine. Ne abbiamo approfittato al fine di arrivare pronti per l’appuntamento a cinque cerchi. Un altro vantaggio è legato soprattutto alla condizioni di luce, perchè ad ottobre le giornate sono decisamente più lunghe rispetto al nord Europa. Le condizioni per allenarsi sono davvero ottimali, la squadra norvegese viene molto volentieri ad allenarsi in Italia”.

La scorsa settimana si sono disputate le gare pre-stagionali a Sjusjoen. Al di là dei risultati è stato un ottimo test per confrontarsi con nazioni di alto profilo come Francia e la Repubblica Ceca. Un occasione poter rompere il ghiaccio in vista del via della Coppa del Mondo.

“Il confronto secondo me è sempre importante, ad esempio abbiamo incontrato la nazionale francese anche a Bessans. Senza dimenticare che diversi atleti hanno partecipato alla kermesse estive del Blink Festivalen e del Martin Fourcade Nordic Festival di Annecy. Non è solo un confronto, ma anche uno stimolo ed è bello anche poter fare dei lavori insieme anche con altre nazionali. C’è sempre il massimo rispetto e sono molto preparati. Sicuramente gli atleti/e francesi ci daranno del filo da torcere in questa stagione e ci serviranno come riferimento per poter migliorare. Mi hanno impressionato a Sjusjoen sia sulla parte del tiro che sul fisico”.

In una recente analisi su Nrk si è discusso di come lei e Mazet, da tecnici stranieri, abbiate cambiato radicalmente la filosofia del biathlon norvegese e i risultati, soprattutto nella scorsa stagione, sono sotto l’occhio di tutti. Quanto di questo lavoro con gli atleti è fisico, tecnico al poligono o mentale per potergli permettere di esprimersi al meglio?

“La Norvegia ha sempre avuto degli ottimi biathleti, è cambiato leggermente il modo di vedere il biathlon. Solitamente il biathleta norvegese inizia con il fondo ed solo ad un età più matura, rispetto ad altre nazioni. Si valuta l’eventuale passaggio esclusivamente per il biathlon, ma rimane il background da fondista, è un marchio di fabbrica. Abbiamo cambiato il modo di lavorare, il biathlon non viene più visto come la somma tra il tiro e il fondo. Serve un approccio integrato tra le due componenti”.

“In passato forse i miglior biathleti potevano giocarsela con i migliori fondisti norvegesi, ora sono diventati più “biathleti”. Sono più concentrati sull’aspetto del tiro e i carichi di lavoro sono diversi. Siamo un po’ più legati al poligono, i giri sono più corti e i tracciati sono diversi. Nel biathlon non sempre vince l’atleta più performante o preparato dal punto di vista fisico. Vince colui che in gara riesce a mettere insieme tutte le componenti. Fondamentale l’aspetto mentale, che è ancora più importante a questi livelli, perchè ora tutte le nazionali si allenano duramente. Da questo punto di vista anche Siegfried Mazet sa lavorare molto bene su questi aspetti per poter fare la differenza”.

Parlando delle tue “assistite”, Tiril Eckhoff ha saputo conquistare quella sfera di cristallo solamente sfiorata nell’ annata 2019/2020. Ha dominato nella passata stagione, arricchendo il suo palmares in occasione della doppietta iridata sprint-inseguimento a Pokljuka. Può crescere ancora verso i Giochi Olimpici?

“Me lo auguro, chiaramente nella scorsa stagione l’abbiamo vista al top. Il nostro lavoro, mio e di Mazet, sarà importante soprattutto per limitare le “giornate no”, che potrebbero capitare durante la stagione, per poter far esprimere gli atleti al meglio e cercare di ottenere il massimo da ogni gara. Quindi per lei il lavoro principale sarà quello di cercare di limitare i danni nelle giornate più difficili, senza demoralizzarsi, ma cercando di lavorare bene sia in pista che al poligono. Questo discorso non vale solo per Eckhoff, ma per tutti i componenti della squadra che vorranno lottare per la classifica generale  ed essere presenti con costanza nelle prime posizioni”.

Le avversarie però non staranno a guardare e tra le contendenti per il bis o nella conquista dell’oro olimpico che ancora le manca potrebbero esserci proprio le sue compagne Marte Olsbu Roeiseland e Ingrid Tandrevold: non mancheranno di certo gli stimoli per tutta la squadra

“E’ così, abbiamo chi va forte sugli sci, abbiamo un’ottima tiratrice come Karoline Knotten che è sia veloce che precisa, ma la stessa Marte dà degli ottimi riferimenti al poligono. Ingrid è molto solida nel tiro a terra, deve migliorare in piedi: il nostro obiettivo è utilizzare i punti di forza di tutti gli atleti, avversari compresi, per poter migliorare e in questo senso Marte e Tiril danno una grossa mano per permettere a tutte le giovani di crescere, nonostante una concorrenza sana. Non pretendo che siano migliori amiche, ma deve esserci il rispetto e soprattutto al primo posto c’è la squadra, loro sanno che questo aspetto non si discute”.

In campo maschile invece la scorsa stagione ha visto un finale thrilling tra Johannes Boe, che ha conquistato la terza sfera di cristallo consecutiva, e il rookie Laegreid assoluto protagonista nei Mondiali di Pokljuka. Possiamo soltanto immaginare la tensione che si percepiva all’interno della squadra. C’è spazio anche per altri contenders in questa stagione?

“Effettivamente non è stata una situazione facile da gestire, soprattutto sul lato logistico. Per quanto riguarda il lato staff, abbiamo lavorato in maniera imparziale per entrambi, in modo tale che avessero lo stesso tipo di informazioni anche a livello di azzeramento. Nessuno dei due è stato avvantaggiato e se la sono giocata alla parti in pista: logicamente non è stato facile ma è stato importante gli stimoli che si sono dati l’un l’altro e i ragazzi si sono rivelati dei signori. Tra gli atleti c’è stato rispetto, ma questo avviene sempre in gruppo e il clima è davvero bello in squadra, ancora di più quando si riuniscono i due gruppi di lavoro maschile e femminile, come lo è stato nei raduni in Italia”.

“La vittoria è andata a Johannes, ma per entrambi è stata una situazione nuova che li ha fatto crescere, ed è stato bello anche per lo spettacolo vedere due atleti giocarsi la sfera di cristallo all’ultima gara. Mi aspetto che possa accadere anche in questa stagione, un testa a testa tra un norvegese e un francese, magari anche un atleta italiano…lo spettacolo sarebbe garantito. Questo è il bello di questo sport, non sai chi vince fino al traguardo”.

Appuntamento a domani per l’approfondimento sugli azzurri