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Lukas Hofer

Lukas Hofer: “Felice dell’esperienza con la Svezia, spero di potermi esprimere al massimo durante questa stagione”

Abbiamo avuto il piacere di fare una chiacchierata con Lukas Hofer, leader della nazionale italiana del biathlon azzurro. Nell’intervista realizzata con l’azzurro classe 1989 del CS Carabinieri emerge il disappunto per i problemi fisici occorsi durante l’arco della preparazione estiva, svolta in gran parte in compagnia della nazionale svedese. Un programma innovativo che secondo il carabiniere di San Lorenzo di Sebato darà i suoi frutti nel futuro: ora si avvicina la stagione di Coppa del Mondo e con i ritiri di Windisch e Bormolini sarà ancor più un punto di riferimento per la formazione azzurra in campo maschile e non solo…

Ciao Lukas. Innanzitutto come stai? Analizzando i problemi fisici che hai avuto in successione: prima un problema alla spalla, poi un fastidio al ginocchio e infine una infiammazione al piede che ti ha costretto a rientrare in anticipo da Beitostolen. Come valuti la tua condizione?

“Si va avanti, ormai ho imparato a convivere con il dolore al ginocchio ed è sotto controllo, sono più preoccupato per l’infiammazione al tendine tibiale. Al momento non posso sciare, sto svolgendo esercizi con lo skierg, un attrezzo simile all’ercolina, e diversi esercizi di forza per la parte alta. Per quanto riguarda il tiro mi concentro sul puntamento in piedi, abbiamo evitato invece il discorso del tiro a terra.

Non sono nelle migliori condizioni, valuteremo il da farsi in vista della partenza verso Kontiolahti, ne saprò di più la settimana prossima. Sarebbe inutile il rischio di gareggiare e  peggiorare l’infiammazione, dobbiamo valutare bene con i medici per capire i tempi di recupero”.

 

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Ora che è terminata la preparazione, puoi raccontarci il percorso fatto con la nazionale svedese e con il tecnico Johannes Lukas?

“L’esperienza è stata sicuramente veramente unica e sono molto contento di essere riuscito a realizzare questo progetto, spero di poterlo replicare anche più avanti in futuro. In un anno è difficile valutare i vantaggi o svantaggi di una collaborazione, non ci sono stati grossi cambiamenti. Però mi sono trovato nel posto giusto, mi hanno accolto come un compagno di squadra e ho trovato uno staff tecnico molto preparato e aperto a rispondere ad ogni mia domanda. Abbiamo svolto dei test a Idre, ma già durante l’estate ho avuto modo di constatare che il lavoro effettuato aveva dato i suoi frutti e mi sentivo migliorato in certi aspetti sui quali avevo posto molta attenzione.

Mi spiace di non aver avuto modo di confrontarmi con i miei compagni a Beitostolen, non sapendo di preciso se potrò gareggiare o meno in questo inizio di stagione. Pur avendo avuto i problemi alle spalle e alle bandellette ileotibiali, da metà luglio fino ad oggi sono riuscito comunque a svolgere tutto il programma. Non ho potuto praticare la corsa, ma ho svolto il lavoro su skiroll e sugli sci. Chiaramente questo stop non ci voleva, perchè avrei voluto finalizzare al meglio la preparazione. Lo scorso anno sapevo come organizzarmi per quanto riguarda i tempi di recupero, ora è tutto più incerto”.

 

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Avresti consigliato un esperienza simile anche a Dorothea Wierer, che compone con te il team Elite?

“Per come ho vissuto questa esperienza, la consiglierei a chiunque. Bisogna ampliare l’orizzonte, ne sono convinto. Certo, in generale la preparazione è simile, come dico spesso “la pasta la facciamo tutti con l’acqua”, però è sempre il tipo di allenamento e l’intensità che cambia. Il programma per il raggiungimento dei picchi di forma è impostato in modo diverso: sicuramente per me è stato importante avere questa possibilità, ma è anche una scelta personale e dal modo in cui l’affronti.

Conoscendo Dorothea so che ha bisogno di avere vicino il gruppo, mentre ci sono state delle occasioni in cui mi sono allenato anche da solo. Sono sicuro che da questo punto di vista lei si trova meglio all’interno del gruppo della squadra nazionale, per essere stimolata a dare quel qualcosa in più, ma sempre nel contesto della squadra nazionale.

Sentivo di aver bisogno di questo cambiamento, ho notato che anche mentalmente ha portato nuovi stimoli e obiettivi da raggiungere. Sono in Coppa del Mondo dal 2008 e ogni stagione è come se fosse una ruota, sentivo di girare sempre sulla stessa e per me il cambiamento a livello motivazione è stato sicuramente importante. Non è stato facile, dopo due mesi mi sono subito accorto che il percorso non era dei più semplici ma mi sono poi ambientato al meglio: è stata una bella esperienza, ma tosta allo stesso tempo”. 

 

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La tua scorsa stagione è stata molto complicata, soprattutto per il dolore accusato alla spalla, ma nell’appuntamento più importante ti sei fatto trovare pronto, sfiorando purtroppo la medaglia individuale a Pechino. Il podio conquistato qualche settimana dopo a Kontiolahti, sede della prima tappa di questa stagione, ti ha aiutato a ripagare almeno in parte i sacrifici fatti?

“Sicuramente. L’obiettivo dell’intera passata stagione era chiaramente focalizzato sui Giochi Olimpici, non ci si poteva nascondere. Logico, ci ho ripensato tante volte al quarto posto ottenuto dopo l’inseguimento, ma non potevo fare diversamente. Non ho rimpianti perchè ho dato davvero tutto.

Sono stato felice in seguito di cogliere un bel podio a livello individuale, a Kontiolahti mi sono sempre trovato bene, ma devo ammettere che mi aspettavo qualcosa in più nel finale di stagione. A livello di preparazione la scorsa è stata sicuramente la miglior estate e poi purtroppo è iniziato il calvario, un po’ mi pesa perchè mi ero allenato davvero ad altissimo livello. Tutto ciò probabilmente ha influito anche a livello mentale per trovare nuovi stimoli anche nella preparazione di questa stagione”. 

 

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Con i Mondiali di Oberhof potrebbe chiudersi quel famoso “cerchio”, ma non mi piace affrontare questo tipo di discorso. In Turingia hai collezionato diversi podi, dimostrando di gradire particolarmente il tracciato impegnativo

“Si, Oberhof si adatta bene alle mie caratteristiche, con le salite lunghe e belle rampe davvero toste. Lo scorso anno è cambiata leggermente la pista, è un po’ più piatta. Per fortuna la salita più lunga è rimasta e sono convinto che sarà decisiva in tante gare dei Mondiali, spero di poter tornare a quel livello di due stagioni fa. I test mi stavano confermando questo livello, devo solo cercare di riprendermi e trovare le sensazioni giuste. Mi piacerebbe lottare come nella sfida con Volkov nella memorabile staffetta del 2012”.

 

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A proposito di staffetta e della squadra azzurra. Con i ritiri di Dominik Windisch e Thomas Bormolini, Tommaso Giacomel e Didier Bionaz hanno, in compagnia di Dorothea, trainato tutto il gruppo maschile durante la preparazione. Come li vedi?

“Per quel poco che li ho visti, stanno entrambi molto bene, si sono allenati duramente come gli anni scorsi. Questo cambiamento con la mia assenza in diversi raduni probabilmente li ha valorizzati, hanno raccolto il ruolo di leader per tirare il gruppo ed è importante in vista Milano-Cortina 2026 e per le stagioni successive.

Sanno bene come comportarsi, ormai io sono il vecchio del gruppo, per cui non so per quanto tempo riuscirò a spingere il mio fisico, fino a quando reggerà. Il loro obiettivo è quello di crescere, ma non devono avere fretta. Già quest’anno si toglieranno diverse soddisfazioni, ma la strada da percorrere è per il medio lungo termine per giocarsela ai prossimi Giochi”. 

A proposito di giovani, ti chiedo un parere anche sull’esordio di David Zingerle. Classe 2000 come Bionaz e Giacomel, David ha avuto un percorso di crescita diverso ma è sotto gli occhi di tutti il passo in avanti che ha fatto nelle ultime stagioni per guadagnarsi la Coppa del Mondo.

“David ha un bel motore, mi sono allenato spesso con lui. Adora allenarsi e “farsi del male”, questo aspetto è fondamentale nel lavoro e ho notato questa sua applicazione fin da quando era junior. Sul tiro ha fatto un bel salto in avanti e anche i test recenti lo dimostrano, per cui ha meritato la possibilità di esordire in Coppa del Mondo.

Può capire il suo livello solo con il confronto con i migliori, chiaramente il contesto è completamente diverso: c’è la tensione, le telecamere, le interviste. Sono tutti aspetti che deve imparare a conoscere e continuare a focalizzarsi sul lavoro. Ma come per Tommaso e Didier, non deve mettersi fretta. Sicuramente sono arrivati in Coppa del Mondo tutti e tre nel momento giusto”.   

 

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Per quel poco che li hai visti impegnati tra Beitostolen e Idre, che qualche atleta che ti ha particolarmente impressionato per la condizione?

“A Idre in campo femminile mi ha impressionato Tilda Johansson (classe 1999) che ha fatto veramente cose da fuoriclasse, eppure partirà dal circuito Ibu Cup come da programma, perchè è previsto così per il suo percorso di crescita da parte dello staff svedese, a prescindere dalla condizione attuale. Se si saprà confermare a Idre, sicuramente sarà convocata in Coppa del Mondo.

Tra gli uomini abbiamo visto Johannes Boe nelle gare di Sjusjoen, si vede che sta davvero bene. Per quanto riguarda i francesi, non sono ancora al top, anche se Emilien Jacquelin e Fabien Claude hanno mostrato un buon livello. Quentin Fillon Maillet non è ancora pronto ma non sappiamo i carichi a cui sono stati sottoposti i transalpini, c’è da aspettare la settimana prossima per valutare la vera condizione. Mi piacerebbe sfidarli non solo in allenamento, ma anche in pista”.

Foto: Pentaphoto FISI