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Dorothea Wierer e Lisa Vittozzi Gazzetta dello Sport

Dorothea Wierer e Lisa Vittozzi intervistate dalla Gazzetta dello Sport

Dorothea Wierer e Lisa Vittozzi sono state intervistate da Paolo Marabini per la Gazzetta dello Sport. Le due azzurre saranno le prime due frazioniste nella staffetta mista odierna a Pechino 2022, staffetta che fu di bronzo a Pyeongchang nel 2018.

 

Doro, la sua vittoria ad Anterselva nell’ultima gara di Coppa del Mondo prima del Giochi ci ha risollevato II morale che era un po’ finito sotto i tacchi.

“Sì, ci voleva proprio. Ne avevo bisogno io e ne aveva bisogno tutto il gruppo. Io però sapevo di essere in crescendo, le sensazioni sugli sci, nelle ultime settimane, erano buone. Il successo è stato solo una conseguenza”.

Tutto per I Giochi, naturalmente. Ma l’avvio in salita non l’aveva preoccupata?

“Ero solo un po’ tesa, preoccupata no. In principio c’è stato qualche problema, ho faticato, il fisico non rispondeva. Ma appena si è risolto, ho recuperato il tempo perduto. Ora sono serena e convinta di aver fatto ciò che serviva per arrivare pronta ai Giochi”.

A parte I due bronzi nella staffetta mista, che ci si addice, lei non ha mai avuto un grande feeling con le Olimpiadi. Quanto le manca la medaglia individuale?

“Sì, è vero, ai Giochi non ho mai trovato la mia giornata di grazia. Ora ci riprovo, con grande serenità: ho un po’ di gare a disposizione. Eppure non ci crederete, ma la medaglia personale non è un’ossessione. Certo, ho lavorato sodo per salire sul podio olimpico, tuttavia alla fine mi basterà esser certa di aver dato tutto. Vada come vada, non voglio avere rimpianti. Non dimentichiamo poi che ci sono anche le avversarie. E di forti ce ne sono parecchie”.

Da Sochi 2014 a Pechino 2022: quanto è cambiato il biathlon?

“Tantissimo. In dieci anni c’è stata quasi una rivoluzione. Oggi ci sono molte più atlete in grado di lottare per una vittoria. E il tiro è diventato molto più decisivo rispetto a prima. Ogni errore, oggi, pesa davvero tanto”.

Che cosa teme di più?

“Il vento e l’altura, che con il freddo saranno decisivi”.

Quale è la gara nella quale pensa di avere più chance?

“Non ce n’è una in particolare, se sei in giornata puoi giocarti le carte dappertutto”.

In stagione avete ricevuto critiche per i risultati deludenti. Quanto l’hanno infastidita?

“Penso che le critiche facciano parte del gioco, dell’essere atleti. Quelle sul mio conto mi scivolano addosso, non ci faccio più caso. Ma non accetto quelle rivolte ai tecnici, allo staff, da persone che non sanno nulla, non sanno quanto lavoro c’è dietro. Poi siamo noi che andiamo in gara, mica gli allenatori. No, a questo tipo di tiro al bersaglio non ci sto”.

Che consiglio può dare a Lisa Vittozzi, che viene da un momento tanto difficile?

“Deve solo tener duro, ha grandi qualità e sono sicura che si riprenderà e tornerà ai vertici. Nel nostro sport serve pazienza”.

Quale è secondo Dorothea Wierer il bello del biathlon?

“Il biathlon è il regno dell’incertezza, dove c’è una chance per tutti. Lo amo per questo”

Cosa ha con sé per estraniarsi e ricaricarsi tra una gara e l’altra?

“Un romanzo leggero. Io non sono una lettrice seriale, ma stavolta faccio uno strappo alle mie abitudini. Chissà…”.

Passaggio di testimone a Lisa Vittozzi, che oggi sarà impegnata in prima frazione:

Lisa, crisi passata?

“Lo diranno i risultati. Di sicuro non vengo da un gran periodo. Ma mi sento in ripresa. Devo solo farmi forza, stringere i denti, ritrovarmi, girare la chiave. Io sono una testarda, se tre anni fa sono stata capace di fare cose incredibili, vuol dire che posso tornare a farle”.

È vero che è stata anche sul punto di smettere?

“In questi ultimi due anni ho passato momenti difficili. I più difficili della mia carriera. Non ho smesso soltanto perché so di avere qualità. Altri al mio posto lo avrebbero già fatto”.

L’Olimpiade ci riporta Indietro al suo debutto, quattro anni fa: bronzo nella staffetta mista, ma anche il dannato quarto posto individuale nella mass start.

“Comunque io di quella medaglia di legno ero soddisfatta. Avevo solo 22 anni, non ero andata in Corea per vincere. Tornai con il bronzo in staffetta. E per poco non salivo anche sul podio individuale. A PyeongChang sono diventata grande”.

Che cosa chiede a questa Olimpiade?

“Non chiedo l’impossibile. Solo di aiutarmi a risalire la china. Devo ritrovare il sorriso, e tutto verrà di conseguenza, perché il sorriso è la medicina che aggiusta tante cose. Ho bisogno giusto di un buon risultato che mi sblocchi. Io lo so bene come sono fatta: quando vado bene divento sempre più forte, quando comincio a sbagliare faccio sempre peggio. È la mia modalità. Il mio boomerang, se vogliamo”.

Il Covid ci ha però messo anche il suo zampino…

“Mi sono contagiata a due settimane dall’inizio della scorsa stagione, proprio nella fase cruciale della preparazione. E mi sono portata dietro gli strascichi sino alla fine. È chiaro che poi è tutto un effetto domino. Ma non deve essere un alibi”.

Chi la sta aiutando?

“Mi segue un mental coach (il dottor Aiace Rusciano, ndr). È un lavoro lungo, e ci sto investendo tanto. Mi sono messa e mi sto mettendo in discussione. Sono certa che riemergerò”.

Partire con la staffetta mista pub aiutarla?

“E’ una gara che mi piace, mi si addice. Speriamo».

Che cosa vorrebbe regalarsi qualora arrivasse una medaglia?

«Io non vedo l’ora di tornare a viaggiare, come prima della pandemia. È la mia grande passione. Vedere posti nuovi, dall’altra parte del mondo, conoscere culture diverse dalla nostra, tuffarmi nelle realtà locali. Ma questo anche a prescindere da una medaglia».

La prima meta?

“Un bel viaggio Coast-to-Coast negli Stati Uniti».

È vero che sogna di partecipare a Pechino Express?

“Sì, perché in quel modo di viaggiare c’è tutta la mia essenza”.

Foto: YAK Agency