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Patrick Oberegger biathlon

Patrick Oberegger: “La Norvegia ha bisogno della crescita di nuove atlete giovani”

Alla vigilia della quinta stagione nello staff della nazionale norvegese di biathlon, abbiamo avuto il piacere di intervistare Patrick Oberegger. L’ex allenatore responsabile della squadra A azzurra e del CS Esercito, classe 1978, è pronto ad un nuovo quadriennio sempre alla guida della squadra femminile.

I risultati ottenuti nell’arco delle ultime stagioni hanno riportato la Norvegia a conquistare la sfera di cristallo con Tiril Eckhoff e Marte Roeiseland, medagliate ai Giochi Olimpici di Pechino. Entrambe assenti però in questa prima tappa stagionale e difficilmente le vedremo nel corso del primo mese di gare. Lo stimolo per l’allenatore sudtirolese sarà trovare atlete che possano creare un nuovo ciclo vincente in una squadra esigente come quella “Norge”.

Lo abbiamo raggiunto telefonicamente nel raduno di Beitostolen, dove si sono riunite le due squadre maschile e femminile in vista dell’esordio stagionale. Unico assente, oltre alle due atlete citate, Johannes Boe, che si sta allenando individualmente a Torsby.

Buongiorno Patrick. Ripartiamo dal bottino di Pechino, con il dominio da parte della Norvegia. Il medagliere recita 6 ori e 14 medaglie complessive, il doppio rispetto alla Francia, seconda. Sicuramente una rassegna che vi ha dato delle grosse soddisfazioni

“I Giochi Olimpici erano il focus di tutto il quadriennio, abbiamo lavorato tanto negli ultimi quattro anni e soprattutto nell’ultimo anno per arrivare pronti per quell’evento. Abbiamo dovuto rinunciare a qualche tappa di Coppa del Mondo per preparare al meglio l’appuntamento, visto anche alcune situazioni di malattia. Se negli anni precedenti abbiamo dato priorità alla classifica generale, nella scorsa stagione abbiamo optato per scelte diverse proprio nell’ottica Pechino.

Come succede in diversi paesi, la Norvegia vive di sport invernali e c’è tanta attenzione sullo sci nordico. Tutti vogliono avere una fetta di torta, di conseguenza ogni disciplina cerca di mettersi in mostra anche per un discorso di sponsor, al fine di ottenere le risorse del quadriennio successivo. Non è facile mettersi in evidenza, c’è tanta competizione anche tra le diverse discipline per eccellere, ed è uno stimolo che poi ti porta ad ottenere certi tipi di risultati”.

Mi ha stupito invece il crollo che ha avuto Tandrevold nell’ultimo giro dell’inseguimento, quando era lanciata verso una più che meritata medaglia. Nonostante le sia capitato un episodio simile a Oberhof, considerando il fatto che è successo un episodio simile alla svizzera Cadurisch, forse le condizioni di Zhangjiakou erano oltre il limite per la praticabilità e la sicurezza durante i Giochi?

“Visto a posteriori se ne potrebbe anche discutere, ma in sport di altro livello sei sempre al limite, anzi a volte lo devi superare. Forse a Pechino qualcuno ha trovato il limite e lo ha anche superato: chiaramente devi valorizzare il lavoro di quattro anni e punti tutto su quelle gare. Chiaramente le condizioni tra altura, vento e freddo le rendono ancora più difficili e quasi estreme, ma in generale nel nostro sport devi dare tutto.

Qualcuno forse ha sofferto di più, quello di Ingrid non è un caso isolato e sappiamo che potrebbe succedere nuovamente, non sono situazioni facili da gestire. Ma dalle difficoltà se ne esce sicuramente più forti, vale per Ingrid ma lo stesso discorso si può fare anche per Sturla Laegreid, ne sono sicuro”. 

Come è andata la preparazione e avvicinamento in questa stagione? Non hai potuto lavorare a livello di squadra con le tue migliori atlete, ossia Tiril Eckhoff e Marte Olsbu Roeiseland, che hanno dovuto fermarsi per motivi diversi (fuoco di S. Antonio per la vincitrice dell’ultima Coppa del Mondo, possibile insonnia per Eckhoff). Immagino che dal tuo punto di vista non sia stato un lavoro semplice da gestire.

“Logicamente sono i due pilastri e le atlete più esperte del nostro gruppo, ci hanno aiutato tantissimo negli ultimi anni e hanno colto dei grandissimi risultati, facendo anche crescere il nostro gruppo. C’è stata tanta incertezza per capire se avrebbero continuato o meno dopo la passata stagione, oppure avrebbero preferito ritirarsi.

Ci siamo quindi concentrati sul lavoro con atlete più giovani, per far crescere un nuovo gruppo competitivo in vista dei Giochi di Milano Cortina (ad Anterselva) che si disputeranno nel 2026. Non sarà facile, potrebbe essere impossibile trovare due atlete del loro livello, ma non voglio paragonare e fare confronti con loro: allo stesso tempo non possiamo ad oggi fare pieno affidamento su di loro.

Da ogni problema nascono nuove opportunità, per cui cercheremo di valorizzare il materiale umano che abbiamo a disposizione e inizieremo a pianificare diversamente. Ogni ciclo olimpico è un nuovo punto di partenza, così è lo sport: speriamo che stiano bene e possano comunque rientrare al più presto in squadra”.

Recentemente sono state organizzate, come di consueto le gare prestagionali di Sjusjoen. Chiaramente senza l’assenza delle tre atlete più rappresentative non c’è stata la possibilità di un confronto come è avvenuto in campo maschile, anche se si sono messe in mostra Karoline Knotten (un po’ stizzita nelle dichiarazioni post gara), Ida Lien e la giovane Maren Kirkeeide

“Stanno lavorando bene e stanno crescendo. Capisco anche lo sfogo di Karoline a cui hanno chiesto esclusivamente domande sulle compagne assenti. Forse queste atlete, che nelle ultime stagioni sono state trainate dalle colleghe più note, sono più responsabilizzate adesso per mettersi in luce, devono approfittarne della situazione e cogliere risultati per farsi vedere.

Chiaramente Tiril e Marte hanno fatto qualcosa di unico e le aspettative sono diverse, ma è arrivato il momento per le giovani di dare quel qualcosa in più. Oltre a Maren che hai già citato, ci sono anche altre ragazze che stanno lavorando bene, speriamo che possano arrivare in alto”.

E’ stato un autentico miracolo poter disputare le gare a Sjujsoen, viste le condizioni meteo e le temperature. Con un organizzazione come la vostra è stato possibile sfruttare comunque un anello di 1.5 km per le due giornate e gli atleti si sono espressi al meglio.

“Sarò sincero, potevamo anche arrenderci e rinunciare alle gare prestagionali, ma per il biathlon norvegese poter realizzare le gare, che per noi valgono come selezioni, è essenziale. L’importante è stato poter dare la possibilità a tutti gli atleti, non solo quelli delle squadre nazionali, ma anche agli osservati e a tutti gli sci club: sono ragazzi/e che lavorano mesi e mesi per essere pronti per l’inizio della stagione e conquistarsi un posto nelle competizioni internazionali, in Ibu Cup per esempio.

Secondo me erano tutti stimolati a dare tutto, per rompere il ghiaccio e fare sul serio. La gara è sempre uno stimolo, hanno indossato il pettorale e penso che il livello si sia visto, siamo nella direzione giusta. Inoltre abbiamo potuto aggiustare nelle ultime due settimane i dettagli in vista dell’appuntamento della settimana prossima, a Kontiolahti o a Idre. Visto lo sforzo, mi congratulo con l’organizzazione per il lavoro svolto”.

C’è a questo punto una favorita per questa stagione o sarà una sfida molto aperta?

“Come ogni anno qualche atleta arriverà molto preparata ad inizio stagione, potendo usufruire di condizioni più fortunate dal punto di vista della preparazione e quello della salute. Come si è visto, in questa preparazione il Nord Europa non è stata la destinazione migliore per poter sciare, anzi si trovano condizioni migliori a Livigno, Obertilliach o in diverse località svizzere dove era possibile sciare.

Sicuramente i livelli di condizioni saranno diversi, noi quest’anno abbiamo sofferto di diversi problemi, non abbiamo trovato condizioni ottimali per allenarsi al top ma è un discorso che vale per tutte le nazioni. C’è chi è stato più fortunato e chi meno, ma dopo Natale si vedrà il vero livello delle atlete in questa stagione. Ci sarà qualche atleta che punterà alla generale, con la nuova distribuzione dei punti.

Per chi invece punterà unicamente ai Mondiali, bisognerà aggiustare un po’ i piani durante la stagione: non è solo un discorso di condizione, ma riguarda anche il tiro e soprattutto dipende molto dal punto di vista mentale”.

Cosa ne pensi della possibilità di alcuni atleti di potersi allenare con nazionali diverse: per quanto ti riguarda cito Marte Roeiseland che ha seguito in un paio di raduni il marito Sverre Roeiseland, allenatore della nazionale tedesca. Allo stesso modo, in Italia Lukas Hofer ha svolto buona parte della preparazione con la Svezia. Credi in questo tipo di “condivisione positiva” tra diverse nazionali oppure sei più tradizionalista, preferendo lavorare direttamente con il gruppo di atlete/i della tua nazionale?

“Sono molto aperto da questo punto di vista, soprattutto se consideriamo alle restrizioni a cui siamo stati costretti per il Coronavirus nelle ultime due stagioni. Quando gli atleti hanno una certa maturità e ottengono quel tipo di risultati, hanno bisogno di fare nuove esperienze e cercare nuovi stimoli. Per Marte è un occasione per unire la parte sportiva a quella privata ed entrambe le permettono di rendere al meglio. Chiaramente qui in Norvegia abbiamo impostato alcune regole durante i raduni e ognuno/a deve attenersi a quelle.

Quando invece le atlete sono a casa, tra un raduno e un altro, hanno più libertà. Siamo veramente grati e felici che Marte abbia potuto fare due raduni con la squadra tedesca, non tutte le nazionali possono concederti questa possibilità, soprattutto per i mezzi e le risorse utili all’allenamento. Molto positiva e proficua la collaborazione di Hofer con la Svezia, sicuramente a livello mentale ha affrontato la preparazione in modo diverso con degli stimoli in più. Si allenano tutti ad altissimo livello, ma è la testa che per gli atleti fa la differenza”.  

 

Ti chiedo un opinione anche sulla squadra italiana. Come valuti la condizione generale del movimento azzurro in vista del quadriennio che porterà ai Giochi Olimpici?

“Vedo una squadra giovane ma allo stesso tempo motivata, faranno bene. C’è stato un cambio generazionale, sia al maschile che al femminile. A Beitostolen mi sono confrontato con la squadra che partirà per l’Ibu Cup e stanno lavorando ad altissimo livello, i risultati internazionali a livello juniores ne sono la conferma. Mi aspetto una generazione di atleti forti, sono curioso e sicuramente l’Italia sarà una nazionale da tenere d’occhio, sia a livello femminile che maschile”.

Un’ ultima curiosità. Ci ha spiegato il neo tecnico della nazionale italiana, il finlandese Jonne Kahkonen, che tramite la tua segnalazione si è poi concretizzato l’accordo con lo staff tecnico azzurro. Ci puoi raccontare l’aneddoto e come è andata?

“Conosco Jonne da diversi anni e lo stimo molto, è un tecnico molto valido. Mi ha chiesto informazioni su come lavora l’Italia e sapevo che Klaus Hollrigl stava allestendo una nuova squadra e che, come spesso capita dopo un ciclo olimpico, erano in corso dei cambiamenti. Li ho messi in contatto, mi fa molto piacere che si sia concretizzato e sono convinto che possa far tornare Lisa Vittozzi al livello che merita: allo stesso tempo saprà far crescere le ragazze del movimento azzurro che si sono messe in mostra a livello giovanile”.