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Tommaso Giacomel

Tommaso Giacomel, la promessa azzurra: “Non mi accontento mai. In Italia sembra che ci sia solo il calcio, ma non ci scoraggiamo”

Il ventiduenne trentino Tommaso Giacomel è il nuovo talento italiano in campo maschile ed è stato recentemente intervistato da Mario Nicoliello per Avvenire. Riportiamo qui l’intervista integrale alla promessa azzurra del biathlon, dove ci sono numerosi spunti interessanti e che fanno emergere il suo carattere e la volontà di voler continuamente crescere per raggiungere i propri obiettivi.

Non c’è un filo bianco nella vallata che porta a Ruhpolding, eppure nella capitale bavarese del biathlon la Coppa del mondo va in scena regolarmente. Gli organizzatori hanno stivato la neve in container per tutta Testate e ora pregano che sino a domenica le temperature schizzano all’insù, vanificando il duro lavoro. Dentro la Chiemgau Arena c’è solo una sottile lingua candida, ma gli specialisti del fondo più tiro, seppur con un blackout elettrico che ha mandato in tilt Illuminazione e l’impalcatura tecnologica compreso il segnale televisivo, concludono la 20 chilometri, dove l’errore al poligone comporta un minuto di penalità, mentre gli spettatori ballano in tribuna e bevono birra nel tendone.

Su venti tiri l’azzurro Tommaso Giacomel sbaglia una sola volta, ritrovandosi quinto ed eguagliando il risultato raccolto sabato nell’inseguimento di Pokljuka. Nel giro di cinque giorni il ventiduenne trentino ha respirato per tre volte l’aria dei piani alti, considerando anche la seconda posizione acciuffata domenica in Slovenia nella staffetta mista. Due donne e altrettanti uomini: una sappadina (Lisa Vittozzi), un’altoatesina (Dorothea Wierer), un valdostano (Didier Bionaz) e il trentino Giacomel. Non si dica che il Biathlon Azzurro sia confinato ad Anterselva e dintorni, ormai è una realtà lungo l’intera catena alpina. Mentre le ragazze al comando sono le solite, al maschile sta funzionando il ricambio generazionale, testimoniato dal momento di forma di Giacomel.

“Sapevo che la preparazione estiva fosse stata perfetta, pertanto mi aspettavo dei risultati confortanti rispetto all’anno scorso, ma non mi accontento di fare punti, perché per indole voglio sempre di più. Tendo a volere troppo, a volte, ma è con questa mentalità che ho raccolto i quinti posti di Pokljuka e Ruhpolding e sono entrato cinque volte tra i primi dieci”.

Dalla Slovenia alla Germania in una trasferta continua che vedrà la sua terza filata la prossima settimana ad Anterselva. Il mese di gennaio è quello delle classiche, ma quest’anno visto che a Oberhof si disputeranno i Mondiali in febbraio, la prima fermata è stata a Pokljuka anziché in Turingia.

“Per noi biatleti mettere in fila Oberhof, Ruhpolding e Anterselva è come per un tennista fare Roland Garros Wimbledon e Us Open uno dopo l’altro. Si parte dall’alta collina, si lambisce la bassa montagna e poi si arriva ai 1700 metri di Anterselva dove le condizioni sono davvero uniche”.

In questa atmosfera tutt’altro che invernale la vita dei biatleti è diventata strana.

“Se mi affaccio dalla finestra della mia stanza a Siegsdorf vedo i prati completamente verdi e la neve solo sulle cime in lontananza. È una situazione che mette tristezza e ci dispiace perché il bello del nostro sport sta nel paesaggio imbiancato mentre gareggiamo. Ormai dobbiamo farci i conti, ogni anno è sempre peggio: la neve diminuisce e arriva più tardi. Magari in futuro allungheremo la stagione fino ad aprile”.

Meno male che i tedeschi hanno lavorato a dovere, allestendo un anello di quattro chilometri, ripetuto ieri cinque volte con quattro soste al poligono, alternando tiro a terra e sessione in piedi. Fatale per Giacomel è stata la terza serie con la carabina in mano: senza quell’errore avrebbe potuto anche vincere, visto che al norvegese Johannes Thingnes Boe ha lasciato 47 secondi. Ma a 22 anni la strada è ancora lunga e il podio arriverà di sicuro, coronando la scelta fatta da bambino di abbracciare anche il fucile oltre a calzare gli sci stretti.

“Sono nato a Vipiteno, sono cresciuto a Imer in Valle di Primiero e ho frequentato il liceo sportivo a Malles in Val Venosta. Quindi la mia vita è stato un continuo incrocio tra Trentino e Alto Adige. A Imer prevalentemente si fa fondo, ma io ho scelto il biathlon perché mi piaceva di più. All’inizio hanno dovuto fare il porto d’armi mio papà e mio nonno, poi da maggiorenne non ho avuto più problemi”.

Si allena tra sci e carabina per 1500 ore all’anno, spara più di 15000 colpi in una stagione, eppure lungo lo Stivale il suo sport è poco considerato. “E’un peccato che in Italia tutto ciò che non sia calcio passi in secondo piano, ma noi non ci scoraggiamo. Ci alleniamo il quintuplo rispetto a un calciatore quindi un po’ di visibilità non ci farebbe male, soprattutto se penso a quanto sia seguito il biathlon in Germania, dove la tv pubblica trasmette la Coppa in maniera maniacale, oppure al calore dei tifosi quando gareggiamo a Le Grand Bornand in Francia”.

Intanto il team azzurro viaggia per conto proprio da una stazione all’altra: “Siamo una carovana di 25 persone, di cui dodici atleti. Il resto sono allenatori, skimen, fisioterapisti e non ci facciamo mancare il cuoco (il mitico bergamasco Arturo Epis, ndr)”. Per essere top la dieta mediterranea è meglio della grassa cucina bavarese.

Tommaso Giacomel: “Sono curioso di vedere il mio livello rispetto ai big di Coppa del Mondo”

Foto: Emeline Braccini